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Udine. In Questura per le persone migranti la fila inizia prima dell’alba

Udine. È un martedì di inizio settembre, prima dell’alba. Sono le 5 e le auto che incrociamo si contano sulle dita di una mano, la città dorme ancora. In viale Venezia, invece, davanti al palazzo della Questura inizia a formarsi una coda di uomini e di donne che attendono l’apertura degli uffici. Sono persone migranti che devono sbrigare adempimenti inerenti il rilascio o il rinnovo dei loro documenti di soggiorno, essenziali per il proprio lavoro, la propria vita e quella delle loro famiglie. Il primo della fila è qui dalle 4. Ci spiega che non può permettersi di chiedere troppe ore di permesso al lavoro e quindi ha preferito presentarsi con largo anticipo. Olga – invece – è arrivata alle 4.40. È la quinta.

Corre l’anno 2023, la Pubblica amministrazione spinge sulla digitalizzazione dei servizi, eppure accade che a Udine –  a differenza di altre città –, in Questura, per tutta una serie di pratiche che riguardano i titoli di soggiorno, non sia possibile nemmeno prenotare on line (o in altro modo) un appuntamento. «Sono in Italia da vent’anni e ho imparato sulla mia pelle che la burocrazia è estenuante, in modo particolare per le persone migranti che chiaramente hanno anche delle difficoltà legate alla lingua – ci racconta proprio Olga, ucraina –. A questo si aggiungono degli ostacoli assurdi, come l’impossibilità di prenotare un appuntamento. Così si deve arrivare all’alba per mettersi in coda, spesso bisogna pure tornare perché agli sportelli viene evaso un numero limitato di pratiche. La gente peraltro mal sopporta il nostro sostare sul marciapiede e non di rado succede che ci urlino contro frasi spiacevoli. È una situazione frustrante, immaginate come possiamo sentirci». «Al pensiero che stamattina sarei dovuta venire in Questura non ho nemmeno dormito – ci confida una signora moldava, anche lei da tempo in Italia –. Ho controllato e ricontrollato le carte necessarie, ma non puoi mai essere sicuro che vada tutto bene, le indicazioni non sono mai chiare, arrivi qui e scopri all’ultimo che ti manca un certificato o chissà quale documento».

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Tina (il nome è di fantasia, ndr) viene dallo Zambia, da due anni è alle prese con un intoppo burocratico: «Durante la pandemia, in quel caos generale – racconta – ho fatto un errore nelle pratiche per i documenti. È stato un inferno, ne esco ora dopo due anni e solo perché mi sono fatta aiutare. Le informazioni ci vengono date col contagocce e ogni volta devi fare la fila. Basterebbe innanzitutto avere un vademecum chiaro su cosa fare, quali documenti presentare e poi servirebbe poter prenotare un appuntamento on line. Lavoro e ho due bimbi piccoli, non solo devo prendere delle ore di permesso, ma devo anche organizzarmi perché qualcuno stia con loro, oggi sono uscita di casa prima delle cinque e mio marito vive per lavoro in un’altra città, non posso certo lasciarli soli in casa». Mentre parliamo si avvicina Vera, è albanese. «Oggi non devo fare la fila – spiega –, devo solo ritirare il permesso di soggiorno, in questo caso ci danno un appuntamento via sms. Ma ho fatto la fila un’infinità di volte». Ride e aggiunge: «Il mio documento arriva dopo mesi, devo praticamente già rifarlo. Mi sono laureata qui a Udine, ora quindi ho convertito il permesso di soggiorno per studio in permesso per lavoro. Per me le cose sono un po’ più facili perché sono bianca e parlo bene italiano, ma per altri è una corsa a ostacoli».

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Intanto si sono fatte le 7.30. A spanne ci sarà un’ottantina di persone, giovani, meno giovani. Uomini e donne. Mamme coi figli in carrozzina. Nonne coi nipoti per mano. Due poliziotti fanno mettere in fila le persone in base allo sportello a cui devono rivolgersi e distribuiscono ad ognuno un numero progressivo, da 1 a 30. «Ora possiamo andare a prenderci un caffè» ci dice Olga sorridendo. Come noi fanno in tanti, ma alle 8.30 sono di nuovo tutti qui, pronti all’apertura degli sportelli. Qualcuno dal colloquio esce affranto, dovrà tornare per integrare la domanda con un ulteriore documento. Una signora dell’Est viene fatta passare avanti: è anziana e si muove col deambulatore. Stamattina le è stato detto di fare la fila, ha atteso come tutti, ma ora accusa tutta la fatica, si sta sentendo male.

«Siamo i primi a non amare questa situazione – ci dice un agente che fa anche parte del Siulp, il Sindacato unitario dei lavoratori di Polizia –, più volte abbiamo fatto presente, segnalandolo anche alla stampa locale, l’opportunità di istituire un sistema che renda possibile la prenotazione degli appuntamenti. Tali file sono un problema in primo luogo per chi le deve fare, ma anche per i cittadini, questo tratto del marciapiede è sempre affollato rendendo difficile il passaggio. Inoltre per garantire il servizio, e comunque l’ordine, molti di noi vengono dirottati qui da altre mansioni».

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E proprio un gruppo di cittadini, lunedì 18 settembre ha preso carta e penna per rivolgersi al Prefetto, al Questore e al Sindaco rispetto a questa situazione. «Non c’è una pensilina che protegga dal sole e dalla pioggia, non una sala d’attesa sufficientemente capiente ed attrezzata che permetta di sedersi ad attendere il turno, non un numero di operatori sufficiente a semplificare i percorsi e ad accogliere le domande – scrivono Silvana Cremaschi, Renzo Travanut, Marco Feleppa, Anna Brusatin, Mariella Lavaroni e Marysilva Remonato –. Riteniamo che questa organizzazione sia indegna e lesiva della dignità delle persone». Da qui la richiesta di un incontro per individuare soluzioni alternative, ma anche per «affrontare altre tematiche connesse all’accoglienza delle persone, alla certificazione di nascita per i figli di genitori irregolari, alle pratiche relative al commiato e alla sepoltura di persone appartenenti a diverse culture e religioni, alle modalità della accoglienza di migranti adulti e minori».

(Pubblicato sul settimanale diocesano di Udine di mercoledì 20 settembre 2023)

  1. Pressacco Eleonora

    Proviamo a immaginare noi stessi in coda e troveremo immediatamente intollerabile questa situazione.

    • Anna

      Esattamente Elonora. E poi ci farebbe bene anche immaginare il peso dell’incertezza rispetto a un documento che è strettamente legato alla possibilità di lavorare, alla vita di una persona, alla sua famiglia.

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