Maria Teresa (foto FloZum).

OrtoBorto, dove si coltivano sogni

Sabato mattina, l’ultimo di aprile, sole splendente, nel cuore di Ragogna, a San Giacomo. Queste le coordinate da cui partire per raccontare di un sogno che diventa realtà, di un’idea che ai più sembrerà folle, ma che a me piace definire “visionaria” perché alimentata da chi crede con tenacia che il mondo si possa cambiare davvero, per renderlo migliore di com’è. Siamo a OrtoBorto, orto condiviso nato da pochissimi mesi, ma che raccoglie già oltre una quarantina di soci volontari. Sono le 9 e ad accoglierci ci sono Maria Teresa Bortoluzzi (nella foto in alto), mente e cuore del progetto, Pongo, il suo cane, un caffè caldo e un avvolgente profumo di dolci appena sfornati.

Da Londra a Ragogna, il rientro

Ma andiamo con ordine. Maria Teresa – classe 1973, in tasca una laurea in Storia all’Università di Trieste e, alle spalle, 5 anni a Milano e 12 a Londra, lavorando nel mondo dell’editoria – alla fine del 2016 rientra a Ragogna. «La ragione della mia scelta è semplicissima – spiega – dopo tanto tempo trascorso in città avevo voglia di campagna. La classica svolta dei 40 anni – aggiunge ridendo –. Sei anni fa poi, è mancato mio padre. Ho iniziato a rientrare più spesso e quando ero qui, sistemando le sue cose, pensavo alla bellezza di questi luoghi, a quando bene ci stavo. Quando sono rientrata c’era una cosa che avevo ben chiara in testa: non sarei tornata a lavorare chiusa in un ufficio». Così, dopo un primo periodo di pausa per riordinare le idee e fare un po’ di volontariato, anche per ritessere le relazioni con la comunità, inizia a lavorare per una cooperativa, come tutor di lavoratori di pubblica utilità impiegati nei comuni. «Un’esperienza bellissima – racconta – che mi ha permesso di conoscere, forse per la prima volta, il territorio, attraverso le persone, rendendo il mio rientro anche migliore di quanto mi aspettassi».

L’idea dell’orto condiviso

Ma OrtoBorto come nasce? «Ho iniziato da subito a lavorare l’orto – spiega – c’erano tutti gli attrezzi perché era anche la passione di mio padre. In un primo momento tutti ridevano di me, perché non pensavano che ne sarei stata capace, etichettandomi ironicamente come “cittadina”. Invece i risultati hanno cominciato ad arrivare. Poi, per tradizione familiare, casa nostra è sempre stata “aperta” e frequentata da molte persone, del paese e non solo. Così, pian piano, è maturata l’idea di coinvolgere amici e conoscenti e fare di questo spazio un orto condiviso, un luogo di socialità. Poi le cose si sono evolute in maniera naturale, insegnando come volontaria Caritas l’italiano ai richiedenti asilo, hanno iniziato a frequentare l’orto anche alcuni ragazzi pachistani, uno di loro Waiz, 24 anni, è diventato praticamente di famiglia, tanto che chiama mia madre “mamma”». Da qui dunque la decisione di dar vita a un’associazione di promozione sociale che ha come scopo l’inclusione attraverso l’orticoltura. In futuro si pensa al coinvolgimento anche del Centro di Salute mentale.

I soci che lavorano la terra possono poi portare a casa i frutti delle proprie fatiche, quelli che invece non simpatizzano con vanga e piantine possono farlo a fronte di una piccola offerta che servirà poi ad acquistare sementi e tutto il necessario.

Da Maria a Marco, i volti di OrtoBorto

Ma chi sono i soci? C’è la signora Maria che ha 80 anni e non manca l’appuntamento a OrtoBorto pur avendo a casa un orto enorme. Ha dalla sua l’esperienza, ma, apertissima alle novità, le piace leggere di orticoltura su internet perché, spiega, «non si smette mai di imparare cose nuove». Mentre chiacchieriamo il signor Giorgio accende il motocoltivatore e si dà da fare per lavorare un terreno, quando finisce mi racconta che lui non ha mai coltivato niente, ma che viene qui perché è un modo per rilassarsi. Arriva pure Lucilla, di Forgaria nel Friuli, ha portato le talee di alcune aromatiche, menta e passiflora, qui, infatti, si condividono anche le piantine. Valter invece è l’esperto di falcetti, non mi guarda di buon occhio, in mano ho una macchina fotografica, sono poco utile alla causa dell’orto. Verso le 10 arriva Marco, udinese, ha 24 anni ed è appena rientrato dagli Stati Uniti. Sta cercando lavoro, nel mentre, avendo sentito parlare da alcuni amici di OrtoBorto, viene qui ogni pomeriggio a dare una mano. Ha un sorriso contagioso. «Scrivi – mi sollecita – che i giovani dovrebbero venire qui, non restare a casa nell’attesa che arrivi il lavoro». Come dargli torto?

Progetti per il futuro

Non servirebbe quasi dirlo, ma a OrtoBorto si fa agricoltura biologica. L’idea è quella di alimentare una coscienza all’insegna della sostenibilità.

Numerosi anche i progetti per il futuro. C’è, ad esempio, l’intenzione di adibire due campi alla coltivazione di grani antichi, ci sono già contatti con la filiera del Patto della farina. Non solo. A giugno si darà vita ad alcune iniziative contro lo spreco alimentare e, sempre con l’estate, prenderanno il via alcuni laboratori per bambini.

Insieme attorno a un dolce

Si resta incantati ad ascoltare e guardare questa piccola ed eterogenea comunità di coltivatori armati di buona volontà e una significativa dose di ideali. È tempo di una pausa, arriva Nella, la mamma di Maria Teresa, il profumo che mi ha investito al mio arrivo era quello di una torta deliziosa che condividiamo sotto la tettoia. Alle pareti gli attrezzi, un cartellone con le attività in calendario, mese per mese, e delle piccole lanterne festose. Finiti i lavori si pranzerà tutti assieme.

Per chi volesse partecipare all’iniziativa OrtoBorto è aperto ogni sabato mattina dalle 9, invece per restare sempre informati sulle attività si può consultare il sito internet (www.ortoborto.org) e la pagina Facebook.  

(Articolo pubblicato sul settimanale diocesano «La Vita Cattolica», edizione di giovedì 2 maggio 2018, qui il pdf della pagina, la foto che apre il pezzo è di Flo Zum).

  1. Arrivato qui da instagram , in una notte insonne di mezza primavera, mi sono goduto alcuni tuoi piacevoli post

    • Anna

      Marco, ben arrivato! Sono contenta che tu abbia trovato i miei post piacevoli, per fortuna che ci sono i blogger per le notti insonni.

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