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Odissea di cinque giorni per accogliere due persone. L’ostinazione di Ospiti in arrivo

È una storia, questa, che inizia e finisce con una telefonata. In mezzo, cinque lunghissimi giorni, fatti di rabbia e di stanchezza, illuminati però dall’ostinazione tenace di chi ha fatto una scelta chiara, pulita, senza compromessi: stare dalla parte delle persone e dei diritti.

È venerdì 16 settembre e a Udine, da giorni, si parla di nuovo dell’ex caserma Cavarzerani. Il Cas (Centro di accoglienza straordinaria) di via Cividale è, infatti, più che pieno, ospita (si fa per dire) 900 migranti quando dovrebbe tenerne appena 300. Cose che succedono se la politica ha scelto di smantellare la rete virtuosa dell’accoglienza diffusa. A mezzogiorno la telefonata di Ospiti in arrivo: da due notti, due migranti giunti dalla rotta balcanica dormono in strada, proprio fuori dalla Cavarzerani. Nessuno se ne cura. Possibile? Raggiungiamo l’ex caserma ed eccoli là, disorientati e stanchi. Sono bengalesi, hanno entrambi trent’anni e uno di loro ci racconta di essere un attivista sindacale in fuga perché minacciato di morte.

A prendere in mano la situazione sono le due volontarie di Ospiti in Arrivo, Paola Tracogna ed Ester Del Terra. Telefonano al numero appeso sul cancello della Cavarzerani. A parlare è Paola, si presenta, nome e cognome. Chiede spiegazioni. La risposta è laconica: «La Prefettura ci ha vietato di far entrare altre persone». E allora? Restano in strada? «Noi non possiamo fare niente, dovete contattare la Prefettura». Da lì in poi è un lunghissimo, disarmante rimpallo di telefonate: la Prefettura dice di chiamare in Questura dove puntualmente rimandano di nuovo alla Prefettura. Unica cosa certa è che alla Cavarzerani non si entra, ma nessuno offre soluzioni alternative. Paola insiste: «Devono essere identificati, hanno manifestato la volontà di richiedere protezione internazionale». Cade la linea. Allora andiamo di persona in Questura: «Tornate lunedì», la risposta. Le volontarie chiedono che venga almeno rilasciato un invito a comparire perché H. e G. possano avere in mano una parvenza di documento. Niente da fare. Ci mandano in Prefettura. Ma lì c’è solo il piantone.

«È come se fossimo tornati indietro di sette anni – ci dice Paola –, quando per la prima volta Udine si ritrovò con i migranti a dormire nel sottopasso della stazione. Sembra proprio che il tempo sia trascorso invano» (ne scrissi qui, sempre insieme a Ospiti in arrivo). Intanto però H. e G. hanno bisogno di formalizzare la propria presenza, Paola allora chiama il 112. Interviene una volante, i Carabinieri della Sezione di Udine Est – con grandissima gentilezza – raccolgono i dati e consegnano un invito a comparire lunedì in Questura. Un posto per dormire però non c’è. Le volontarie danno ad H. e G. cibo, vestiti, due sacchi a pelo e una tenda.

Lunedì 19 settembre finalmente l’identificazione in Questura e la deposizione della richiesta di protezione internazionale. Ma ancora niente alloggio. H. e G. dormono nuovamente in strada. Finalmente però martedì 20 settembre arriva la telefonata in cui speravamo, gli uffici della Prefettura hanno trovato una sistemazione per i due migranti bengalesi. «È una gioia, certo – spiega Paola –, ma non possiamo non pensare a quanti non abbiamo intercettato e sono ancora in strada, a quanti stanno arrivando a Udine in queste ore e si sentiranno dire che non c’è posto».

«Che queste persone scappino da qualcosa o che inseguano una vita migliore, hanno vissuto anni in viaggio, hanno passato l’inferno della rotta balcanica con le sue torture e i suoi respingimenti, e non può essere questa l’accoglienza che trovano in Europa – spiegano da “Ospiti in Arrivo” in un post Facebook –. La nostra solidarietà va a chi è rimasto fuori dalla Cavarzerani, ma anche a chi è dentro a questa struttura in cui c’è un bagno ogni cinquanta persone, dove le brande fredde e umide sono ammassate una sopra l’altra, i posti letto sono ricavati in aree, anche all’aperto, in cui non erano previsti e in cui ora è addirittura difficile muoversi. Le nostre azioni, come sempre, sono rivolte verso il cambiamento di questo sistema disumano di gestione del fenomeno migratorio».

Intanto l’inverno è in arrivo e questa storia, ancora una volta, suona come un campanello di allarme per i mesi che ci attendono. E infatti il telefonino si illumina, è un messaggio di Paola: «Ci sono altri due ragazzi che dormono in strada da tre giorni».

 

(Pubblicato sul settimanale diocesano di Udine, edizione di mercoledì 21 settembre 2022)

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