Ebadi-Stella

Non quote rosa, ma un granello del coraggio di Shirin Ebadi in tutte noi

«Farò in modo che il regime rimpianga la scelta di allora». E l’emozione esplode, fragorosa, in un applauso lunghissimo per la donna che abbiamo di fronte. Minuta, ma tenace, forte. Straordinariamente intelligente. È Shirin Ebadi, iraniana, premio Nobel per la pace (2003) che così risponde alla domanda di Gian Antonio Stella che, intervistandola, le ha chiesto come si sente nei confronti di quel regime che all’indomani della rivoluzione del ’79 le ha impedito di continuare il suo lavoro di giudice, declassandola a semplice impiegata. Siamo a Giavera del Montello, alla Festa dei popoli, fa caldo, parecchio. Ma sono tantissime le persone che in questa domenica mattina di giugno sono comunque qui, per ascoltare la testimonianza di Ebadi.

Stella la incalza – a volte troppo, non lascia quasi parlare -.

Shirin EbadiLe legge un brano dell’interrogatorio di Giovanna d’Arco e per un attimo tutti torniamo al 1431 a Rouen. «Chi ti ha consigliato di indossare abiti maschili?» chiede il giudice. La risposta di Giovanna è ironica: «Non farò ricadere su altri una responsabilità così pesante!». «Non crede – chiede Stella – che tra l’inquisizione è il komeinismo non ci siano poi molte differenze, ma solo una sfasatura di alcuni secoli?». «Non c’è nessuna differenza». «E lei è ancora islamica?». «Certo, sono ancora musulmana e credente». «Forse un po’ in crisi?», insiste Stella. «Assolutamente no». Un altro applauso.

«Quanto peso ha il maschilismo in una certa interpretazione dell’Islam?» continua il giornalista. «Ecco, questa è una domanda importante – sottolinea Ebadi -. Tutte le religioni maltrattano le donne e questo perché sono sempre state interpretate dagli uomini. La prima peccatrice è stata Eva, ora tutte le donne devono essere punite per questo. È arrivato il momento che anche le donne interpretino la religione. Non mi meraviglierei che tra 20 anni venisse fuori che la mela l’ha mangiata Adamo (il pubblico scoppia questa volta in una risata). Ho sempre sostenuto che se le donne credono in una religione devono conoscerla molto bene, studiarla, perché non abbiano a prevalere le superstizioni. Devono farlo per sapersi difendere». E Stella prosegue sul terreno della religione sottolineando il ritardo dell’Islam. «Certo, siamo in ritardo. Di secoli. Ma in Occidente avete avuto il Rinascimento, in Oriente ancora non c’è stato. Oggi però anche i tempi sono diversi, e sono convinta che ci vorrà meno tempo per recuperare. Insomma, speriamo di recuperare “saltando”». Sorride.

Ci addentriamo tra le pieghe di un mondo per noi – per me – difficile anche solo da immaginare. Il potere assoluto del clero, la delusione per Katami. E poi l’impietosa analisi su Rohani: «Non lo avrei votato. Il suo passato ci fa capire che è un fondamentalista. E poi il numero di persone giustiziate per la propria opinione politica sono aumentate da quando è stato eletto, questo perché comunque tutto il potere è nelle mani della Guida suprema dell’Iran, non del presidente».

Lungo il discorso sulla giustizia, anche rispetto al rapporto tra Occidente ed immigrazione. «Fino a che punto il rispetto per la cultura di origine di un migrante deve riflettersi nel diritto?». «Il rispetto per le tradizioni di una persona deve fermarsi laddove si violano i diritti umani universalmente riconosciuti».

E quando Stella le chiede del mancato nobel a Malala Yousafzai, lei risponde: «Credo che il Nobel sarebbe dovuto andare a suo padre. Malala è vittima di un delitto, ma il vero eroe è suo padre che ha cresciuto una figlia così forte e determinata in un paese piccolo dove i fondamentalisti hanno un potere fortissimo. Il padre di Malala non ha voluto vivere come gli altri e ha educato i figli in un altro modo».

Finisce in un batter d’occhio questa tappa italiana del cammino di Ebadi che vuole «far arrivare nel mondo la voce dell’Iran». Sono già trascorse due ore, ma resteresti ad ascoltarla ancora a lungo (magari con uno Stella meno a raffica). Mi avvicino, come i teen ager con i cantanti, per farmi autografare il libro. È piccolissima. Vorrei abbracciarla e penso che basterebbe davvero anche solo un granello del suo appassionato coraggio in tutte noi donne per cambiare le carte in tavola. Altro che quote rosa.

Ebadi-Anna

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