Premessa: nessuna velleità da “food blogger”. Amo (parecchio) mangiare, assaggiare e sperimentare, ma non è mia abitudine darne conto qui. Imbattersi però in una bella storia da raccontare cambia le carte in tavola e allora, anche per me, scatta il post gastronomico. Domenica — complici una bella giornata di sole e «Libri in cantina» — ho scorrazzato tra le colline coneglianesi, di cui la cura geometrica dei vigneti e la bellezza del profilo rimangono per me un incanto. Ma veniamo a noi. Il programma prevedeva (sottolineo «prevedeva») un pranzo veloce in una qualche osterietta fra i colli, visita alla centrale di stoccaggio della Edison (aperta al pubblico per i 130 anni dell’azienda) e poi un paio di incontri con l’autore al castello di Susegana. Incrociando i suggerimenti di TripAdvisor e di un amico, la scelta è caduta su La casa del Mazariol a Susegana.
Chissà perché mi ero fatta l’idea di un locale storico, con una gestione di lungo corso. E invece, a destreggiarsi (benissimo) tra i tavoli e la cucina, c’è un manipolo di giovani sorridenti, disponibili e davvero in gamba. Un’avventura che ha preso avvio appena un anno fa (il primo compleanno sarà il 26 ottobre), nata dall’intuizione di Michael Baggio (nella foto in alto), 25enne coneglianese, che sulla pagina Facebook descrive il suo ristorante «esagerato, (a)tipico, anticrisi». Confermo tutto. Immerso tra i vigneti di uve da prosecco — e dotato di una bellissima terrazza panoramica (nella foto a destra, rubata su Facebook) — il ristorante ti accoglie in un ambiente caldo, le pareti (alcune di un bel rosso mattone) danno spazio a un mix intelligente in cui trovi le lavagnette con i proverbi veneti, ma anche le frasi di Paul Celan. Appoggiate qua e là pure alcune chitarre. Il menù è all’insegna della tradizione, molta la carne (dalle costicine alla salsiccia, passando per la tagliata e i würstel artigianali), ma ci sono anche primi succulenti e contorni gustosi (i fagioli con la cipolla sono uno spettacolo). Ottima la qualità, peraltro a chilometro zero. Il pastin, ad esempio, è quello igp dell’Alpago (testato dalla sottoscritta e promosso a pieni voti). Le porzioni poi sono titaniche, ma state tranquilli, anche sul menù c’è scritto che, nell’eventualità, arrivano in vostro soccorso delle comode vaschette per portare a casa quello che non siete riusciti a finire, come anche noi abbiamo puntualmente fatto.
«Volevo un locale dove si mangiasse bene — mi racconta Michael —, ma a prezzi giusti. Non uno di quei posti dove in un piatto immenso trovi solo un pezzettino di carne». Ascolto e sorrido perché anche i suoi piatti sono immensi, ma colmi di ogni ben di Dio. «I tempi sono cambiati — continua —, c’è questa crisi che da anni ci dicono che sta per volgere al termine, ma che, invece, è ancora qui e sembra non voler finire. Allora alle persone non puoi chiedere 60 euro a testa per un pranzo». E sia chiaro, la convenienza del prezzo non mette in discussione la qualità: «Qui è tutto cucinato al momento e con prodotti di qualità. Ad esempio, il pastin è rigorosamente igp dell’Alpago, se lo abbiamo finito, semplicemente suggeriamo altri piatti ai clienti». Come per le crostate (che ahimè mi sono persa) tutte casalinghe e — a guardare l’espressione estasiata di chi le ha assaggiate — buonissime. E, cosa non da poco, pure il caffè te lo fanno con la moka.
Gli chiedo allora dei suoi colleghi e con una punta di orgoglio mi spiega che sono tutti giovani, dai camerieri ai cuochi. Naturalmente, nel frattempo, ci siamo persi la visita alla Edison, ma poco male, questo pranzo mi ha messo allegria, certo, perché ho mangiato bene, ma soprattutto perché ho conosciuto questi ragazzi pieni di idee e di una gran voglia di lavorare e mettersi in gioco. Vederli chiacchierare con i clienti è un piacere, ti chiedono se tutto andava bene, ma nel farlo hanno il piglio intelligente di chi non si è improvvisato, ma ama stare in mezzo alla gente e ci sa fare. Per dirne una, tra una portata e l’altra Michael butta l’occhio sul nostro tavolo, vede la Nikon: «Caspita! Un 50 fisso!». Ci aggancia subito con la passione per la fotografia (anche se, scopriremo, è un canonista). Dopo un ottimo liquore ai frutti di bosco gli chiedo se si lascia fare una foto per il mio blog. Inutile dirlo, non esita un attimo. A una cosa però ci tiene, essere immortalato con alle spalle la frase che ha scritto sul muro, lasciata nel libro degli ospiti la sera prima da un cliente che, come me, è rimasto entusiasta: «Nulla è più geniale della semplicità». Come non essere d’accordo?
Dimenticavo, La casa del Mazariol è attigua al Museo dell’uomo, vale la pena unire l’utile al dilettevole!
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