Scriveva Italo Calvino: «Se alzi un muro pensa a cosa lasci fuori», era il 1957 e siamo tra le pagine de «Il barone rampante». Sono però certa che se lo scrittore piemontese, venerdì 23 giugno, avesse passeggiato assieme a me nelle piazze di Cividale, di Buttrio o di Remanzacco, si sarebbe riconosciuto nell’iniziativa «La sedia accanto», ritrovandovi la traduzione concreta di quelle sue parole e della provocazione che aveva voluto sottendervi. Musica e coppie di sedie poste una di fronte all’altra, ma ogni coppia distanziata dalle altre per creare uno spazio intimo, personale. E dalle 18 in poi, su quelle sedie, i giovani richiedenti asilo e i rifugiati del progetto Sprar del cividalese, gestito dalla Caritas diocesana di Udine. Di fronte a loro — all’inizio con un po’ di esitazione, ma poi con sempre più coraggio —, i friulani. Gente comune, di ogni età. Insegnanti, impiegati, operai, studenti e pensionati. Tra le mani di ognuno un foglio con dieci domande da porsi reciprocamente. Di fatto un embrione di conoscenza tra persone di origine diversissima, ma che la vita ha portato ad abitare uno stesso territorio. Un dono prezioso: la possibilità di un incontro.
«La sedia accanto — spiega Francesca Peresson, referente del progetto Sprar per la Caritas — è nato come installazione in occasione della “Giornata mondiale del rifugiato” che quest’anno aveva come tema centrale “Le porte aperte”. Abbiamo allora pensato a uno spazio dove le persone potessero conoscersi, volevamo però che fosse uno spazio pubblico, visibile. Ecco allora che abbiamo pensato alle piazze principali dei comuni che ospitano i beneficiari del progetto Sprar. L’opportunità di incontro, infatti, non sempre viene da sola, per mille motivi. Allora c’è bisogno di qualcuno che la accompagni e che, in qualche modo, la protegga. Noi siamo qui per questo. È un’emozione vedere quello che sta accadendo ora, ma è stato altrettanto emozionante vedere i ragazzi preparasi con cura per questa giornata, ad esempio esercitandosi a leggere correttamente le domande». Sorrido perché, mentre racconta — con l’entusiasmo contagioso di chi crede fermamente nel proprio lavoro —, Francesca si corregge spesso: ogni volta le scappa un «i ragazzi» per poi passare a un più professionale «beneficiari dello Sprar». Sorrido perché ha ragione da vendere, parla col cuore e quelli che vediamo in questa piazza sono solo ragazzi, ragazzi che hanno gli occhi pieni della distanza percorsa e di speranza nel futuro.
A Cividale chiedo la prima impressione sull’esperienza appena vissuta con uno dei richiedenti asilo a Francesca, cividalese. «Mi ha colpito moltissimo vederlo sorridere sempre — spiega —. Penso a noi e a tutti motivi per cui ci accigliamo. Lui è scappato dall’Afghanistan ed è arrivato qui a piedi, lasciando tutto, e però sorride».
C’è poi Claudia Gerometta che ha portato con sé i due figli, Jacopo e Carlotta: «È un’iniziativa meravigliosa per conoscere quelli che di fatto sono i nostri nuovi vicini di casa, siamo venuti appositamente per partecipare. Abbiamo deciso che ricambieremo l’invito e prima possibile li inviteremo a casa nostra». E di questo Mahmood, il giovane che ha conversato con loro, ne è entusiasta: «Sono contento di aver conosciuto Claudia e i suoi figli, mi hanno detto che potremo vederci ancora. Sono arrivato dall’Afghanistan in Italia nel 2014 e un’esperienza come quella di oggi non l’avevo mai vissuta. All’inizio è stato difficile, ma sto imparando l’italiano grazie a Cristina, Francesca, Matteo e gli altri. Adesso sto anche facendo un corso per diventare parrucchiere. Ho tanta speranza nel futuro. Sono grato a tutti».
A raccontarci cosa ha provato è anche Safari, 28 anni, e lo fa appena saluta la signora che ha conversato con lui per oltre mezzora: «Si è interessata del mio paese, l’Afghanistan — ci spiega sorridente —. Sono arrivato nel gennaio del 2015. Mi sono emozionato nel raccontare il mio Paese a qualcuno di qui e che incontro per la prima volta. Quella di oggi è davvero un’occasione bellissima per conoscerci». Un’emozione racchiusa tutto nel sorriso che sfoggia per la foto che gli scatto qualche istante dopo.
A Buttrio e a Remanzacco a raccontare questa esperienza è la voce degli amministratori. Giorgio Sincerotto, sindaco di Buttrio, spiega: «Quella di oggi è un’iniziativa per far incontrare la popolazione locale e i rifugiati che spesso, purtroppo, non vengono percepiti come persone che hanno bisogno di aiuto, ma come degli approfittatori, e questo non va assolutamente bene. É molto importante che questo genere di incontri si ripeta, anche nelle scuole, per superare la diffidenza. Noi, come Comune, che per scelta aderisce allo Sprar, sappiamo che sono persone che hanno bisogno di aiuto, e di conseguenza vogliamo educare i cittadini a un rapporto non conflittuale con loro. Queste occasioni sono inoltre importanti perché permettono ai richiedenti asilo di partecipare ad attività comuni, così si evita che si formino ghetti, perché altrimenti c’è il rischio di vederli sempre in gruppi chiusi, tra di loro, e anche questo può generare diffidenza e paura».
A fargli eco l’assessore all’Associazionismo del Comune di Remanzacco, Giorgio Bevilacqua: «Si tratta di un’iniziativa validissima, un passo importante per la nostra capacità di accoglienza, più che per l’integrazione dei profughi: qualche decina di migranti si devono integrare, qualche migliaio di cittadini deve saperli accogliere. Per questo ho accettato di promuovere questa iniziativa, anche se non è facile, perché ci si va a volte a scontrare con delle suscettibilità che devono essere un po’ alla volta educate. Sarà un lavoro lungo, ma bisogna farlo, perché ne va del nostro futuro, e i frutti arriveranno con il tempo».
* Un grazie a Michele Brusini che nell’attesa che io abbia il dono dell’ubiquità ha raccolto le testimonianze e scattato le foto a Buttrio e Remanzacco.
* Mentre sto per pubblicare questo post, su Facebook Claudia Gerometta mi scrive: «Cara Anna, il regalo che Mahmoud ci ha fatto, regalandoci sprazzi di una vita così diversa dalla nostra, ci ha fatto più ricchi di quell’umanità che stiamo perdendo. Grande insegnamento!».
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