Ci sono persone in cui il talento e la creatività si mescolano a una straordinaria sensibilità: a quella capacità – oggi sempre più rara – di mettersi davvero nei panni degli altri, soprattutto di chi è meno fortunato. Appena la incontro capisco che Marcella Basso, pordenonese classe 1988, è una di queste preziose persone perché ha messo la sua arte letteralmente a servizio di chi non vede. Già, perché Marcella – in tasca una laurea triennale all’Accademia di Belle arti di Venezia in Decorazione – si è specializzata nella realizzazione di libri illustrati tattili, per non vedenti. «Durante gli anni dell’Accademia – mi spiega con un sorriso timido, ma aperto – ho sempre lavorato con i bambini, facendo con loro attività laboratoriali. Poi, dopo anche un’esperienza come volontaria nei centri estivi de “La Nostra Famiglia”, ho iniziato a collaborare con la sezione pordenonese dell’Unione italiana dei ciechi e degli Ipovedenti. Questo perché ho sempre nutrito un grande interesse rispetto all’importanza del tatto nello sviluppo della persona, ho scelto dunque di sviluppare la mia tesi di laurea proprio sul tema del linguaggio tattile. Si tratta di una dimensione che indago e approfondisco nei miei lavori, soprattutto come aspetto della relazione tra le persone».
Ecco dunque che Marcella entra in contatto con la realtà dei libri tattili: «Sono – racconta – un ponte tra chi vede e chi no, uno spazio di incontro ancora poco sviluppato, in modo particolare per quanto riguarda l’editoria per l’infanzia, infatti, di libri illustrati per bambini non vedenti ce ne sono molto pochi». Quello che mi mostra è per me davvero una scoperta. Mi mette davanti un libricino di stoffa bianca, pulitissimo e semplice. Lo apro: al posto delle pagine di carta ci sono queste pagine di stoffa che sono di fatto delle bustine. Ci infilo la mano e scoprono, con il solo uso del tatto, uno spazzolino e il dentifricio, e di pagina in pagina, molti atri oggetti che si usano di mattina. «È il racconto, presente in molti libri per bambini piccoli, di quello che un bimbo dovrebbe fare da quando si alza a quando va a scuola. Attraverso questo strumento, questo racconto è fruibile anche da un bambino cieco». Mi spiega di averlo realizzato assieme a Michele Tajariol. Il libro, che si intitola «Andiamo», ha vinto il premio nazionale come «Miglior libro d’artista».
E non è l’unico riconoscimento ricevuto, tra i tanti c’è anche, nel 2015, il premio come «Miglior libro italiano», il «Premio giuria giovani» e il premio internazionale «Typhlo e Tactus Award» per «Io, tu e le mani» (qui il video). «Si tratta – racconta Marcella – di un libro particolare perché va letto in due, indaga, infatti, le relazioni tra le persone. I due lettori si siedono uno di fronte all’altro e inseriscono le mani nelle tasche del libro, all’interno delle quali sono contenute le illustrazioni tattili. Qui viene narrata la storia di due amici che si chiamano per giocare: giocano al chiuso, all’aperto, litigano, non si parlano più. Insomma, attraversano varie situazioni d’incontro che vengono vissute dai due lettori grazie alle mani. È di fatto una scusa per utilizzare la mano non come strumento di scoperta, ma come strumento d’incontro. L’idea nasce da una mia riflessione personale sul fatto che una persona cieca nel momento in cui allunga le mani verso la realtà o verso gli altri esce dall’isolamento. Quindi è un libro che vale anche per noi vedenti, ci fa capire il significato di questo andarsi incontro».
Ma questi libri saranno pubblicati? «Del primo, “Andiamo”, sto realizzando 100 copie che sono state richieste dalla Federazione ciechi di Roma, in collaborazione con l’Istituto ciechi di Reggio Emilia. Per ognuno ci sono molte ore di lavoro, lo realizziamo in due e ognuno fa una decina di ore ». Ma c’è interesse anche per il secondo libro che ha attirato l’attenzione di una casa editrice straniera [*].
Chiedo a Marcella dove vengono utilizzati e mi spiega che principalmente trovano impiego nelle scuole. A Roma, in particolare, fanno parte di un progetto sperimentale. «Anche Michele Tajariol ed io li utilizziamo a scuola, nell’ambito di laboratori ad hoc in cui cerchiamo di far concentrare i bambini, vedenti e non, sul tatto, uno strumento di conoscenza importantissimo che però smettiamo di usare a partire dai tre anni. Purtroppo non sono molte le scuole dove riusciamo a proporre questi laboratori perché c’è sempre una grande carenza di fondi. Ce la facciamo laddove vinciamo un bando e allora per la scuola gli interventi sono a costo zero». «Eppure – prosegue Marcella – vivere nelle classi miste, dove ci sono bambini non vedenti, l’esperienza dei diversi tempi del tatto, rimane una meraviglia perché i bambini ciechi sono per tutti gli altri una preziosissima risorsa, infilare le mani nelle taschine per scoprire oggetti e sensazioni diventa un gioco che in classe crea un’atmosfera unica». Chi volesse conoscere più da vicino i lavori di Marcella Basso può visitare il suo sito internet www.lamarcella.blogspot.com.
Articolo pubblicato sul settimanale diocesano di Udine «La Vita Cattolica» del 10 agosto 2016.
[*] Aggiornamento: «Andiamo» è stato prodotto in 150 copie ed è attualmente distribuito dalla Federazione nazionale delle istituzioni prociechi di Roma. Per quanto riguarda «Io, tu, le mani», le prime 10 copie sono già state distribuite dalla Federazione mentre sono in produzione di Marcella 15 copie che saranno destinate al mercato francese, attraverso la distribuzione da parte della casa editrice francese «Les doigts qui rêvent».
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