Un altro libro che si legge in un soffio. Andarsene è, ad ora, il più bello che ho avuto tra le mani in queste due settimane di ferie. Un mosaico di voci narranti che raccontano, appunto, l’andarsene: da un paese, dalle relazioni, da una vita che si è fatta troppo stretta per essere abitata davvero.
Al centro della storia gli Ertl, famiglia che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, dalla Germania ripiega in Bolivia per un nuovo inizio. Hans, ex cineasta del Reich, inquieto e anticonformista, insegue il sogno di scoprire Paititì, leggendaria città inca: la missione che organizza fa però saltare ogni equilibrio familiare. La moglie si chiude nel silenzio, le tre figlie, invece, riscrivono la propria vita.
Monika, la più simile al padre, abbraccia la rivoluzione e la guerriglia (Guerrilla del Ñancahuazú) guidate da Che Guevara che proprio in Bolivia, a La Higuera, troverà la morte. Sullo sfondo infatti ci sono la dittatura di Barrientos, gli anni Sessanta e Settanta attraversati dai movimenti di liberazione germinati dalla rivoluzione cubana. Di lei ha scritto anche Juerg Schreiber in La ragazza che vendicò Che Guevara (Nutrimenti Edizioni, 2011): fu infatti Monika – compagna del guerrigliero Inti Peredo – a giustiziare il colonnello Quintanilla, che aveva ordinato di tagliare le mani al cadavere del Che e torturato ferocemente Inti.
«Andarsene» non è però un romanzo storico, anche se racconta fatti realmente accaduti, Rodrigo Hasbún infatti esplora soprattutto le relazioni familiari, non a caso il titolo originale è «Los afectos». Insomma, un libro davvero bello, asciutto e denso che percorre le rotte della memoria, individuale e collettiva: «Non è vero che la memoria è un posto sicuro. Anche lì le cose si deformano e si perdono. Anche lì finiamo per allontanarci dalle persone che più amiamo».
Rodrigo Hasbún | Andarsene | edizioni sur
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