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50 anni senza Jack Kerouac

13 giugno 1996. Sono andata a controllare. La data è ancora lì, scritta, come sempre, sull’angolo in alto a destra della seconda pagina. Alla fine della terza liceo, Andrea Barbaranelli, professore di Lettere, ci mise in mano una lista di libri per l’estate. Gliene sarò per sempre grata. Era un elenco di meraviglie che accese passioni inattese e assecondò inclinazioni allora appena abbozzate. Tra quelle meraviglie c’era «Sulla strada» di Jack Kerouac. Mi aprì un mondo. Arrivarono a ruota Corso, Ginsberg, Mailer e Ferlinghetti. Poi Bourroughs e Fante, Miller e naturalmente Fernanda Pivano. «Sulla strada» fu un’iniziazione, ma il cuore – non saprei dire perché – è rimasto nelle pagine di «I sotterranei». Così prima che sia un altro giorno, tenere tra le mani questo librino consumato e ingiallito, rileggerlo ancora una volta, è il mio modo di ricordare che 50 anni fa ci lasciava Jack Keoruac.

«Ero una volta giovane e aggiornato e lucido e sapevo parlare di tutto con nervosa intelligenza e con chiarezza e senza far tanti retorici preamboli come faccio ora; in altre parole questa è la storia di uno sfiduciato che non è più padrone di sé e insieme la storia di un egomaniaco, per costituzione e non per facezia, – questo tanto per cominciare dal principio con ordine ed enucleare la verità, perché è proprio questo che voglio fare. Cominciò con una calda notte d’estate, sì, con lei seduta su un parafango quando Julian Alexander che sarebbe… Ma cominciamo dalla storia dei sotterranei di San Francisco».

 

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