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Nobel all’Opac, ma intanto in Siria si continua a morire

A quanto pare ai giurati di Oslo, ogni tanto, piace dare premi di incoraggiamento e sulla fiducia. Il Nobel per la pace quest’anno va, infatti, all’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. Sullo sfondo c’è, naturalmente, la guerra in Siria, o meglio, lo scampato pericolo di un intervento armato nel Paese mediorientale da parte degli Stati Uniti (quelli del buon Barack Obama, premio Nobel per la pace 2009). Effettivamente di coraggio gli ispettori dell’Opac ne hanno proprio bisogno, e pure parecchio: devono smantellare l’arsenale di Assad e, da ieri, come riferisce l’Asca, sono di nuovo in missione a Damasco. Impresa, la loro, certo non facile e disseminata di rischi.

Sono poi in molti a dire che in questo Nobel, implicito, c’è anche un riconoscimento alla diplomazia e che il premio servirebbe a rafforzarla in vista del summit Ginevra 2 che si vorrebbe convocare a metà novembre. C’è da chiedersi però dove sia stata la diplomazia da marzo 2011 (inizio del conflitto) fino a oggi. Evidentemente i 100 mila morti con semplici armi convenzionali non erano sufficienti a smuoverla. Il risultato (e la beffa) è che oggi Assad sembra quasi rifarsi il maquillage, visto che appena tre giorni fa – avendo aperto le porte dei suoi arsenali chimici – il segretario di stato americano lo lodava apertamente per la sua disponibile cooperazione.

Intanto in Siria si continua a morire e in Occidente si continua a tradire quella rivoluzione pacifica che chiedeva solo riforme e dignità. Valgono le parole del segretario generale di Amnesty International, Salil Shetty, che commentando l’assegnazione del Nobel, ha detto: «Il recente accordo sulla Siria rappresenta ovviamente un passo avanti per rimuovere le armi chimiche dal campo di battaglia, ma non dobbiamo perdere di vista l’enormità della crisi dei diritti umani in quel paese. Nessuno è stato ancora chiamato a render conto dei crimini di guerra in corso in Siria, compresi gli orrendi attacchi chimici. Le armi convenzionali continuano a essere usate per compiere atrocità di massa. L’annuncio odierno deve spingere la comunità internazionale a porre fine alle violazioni di massa in Siria e a chiamare i responsabili dei crimini di guerra, da ogni lato del conflitto, a rispondere delle loro azioni».

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