Kay Hassan, Empire Medley

Biennale 2015, impressioni su «All the world’s futures»

All the world’s futures è il tema della Biennale arte 2015 curata da Okwui Enwezor. L’ho visitata ieri in una giornata che fortunatamente ci ha graziato dal punto di vista meteo, un po’ di venticello ha reso meno pesante la calura e attenuato l’afa veneziana. Come sempre l’ideale sarebbe spezzare in due la visita, Arsenale e Giardini, ma – come sempre – ho optato per il tour de force. Vado veloce, le mie sono solo impressioni, non essendo io un’esperta.

Ho preferito l’esposizione all’Arsenale. Ovviamente qui gioca la cornice che è meravigliosa, ma comunque ho trovato lavori che – a parer mio – sono più di qualità, curati e belli. Mi sono piaciuti molto i ritratti del sudafricano Kay Hassan, rosseggianti, su manifesti strappati. Forse la sala più bella, alle Corderie, quella con le teche (quasi dei “reliquiari”) di Riccardo Brey.

Nei giardini diverse le installazioni che onestamente non ho capito. Bellissimo invece il padiglione del Giappone con il mare di chiavi appese a fili rossi sopra barchette arenate, ma in cielo anziché su una spiaggia. Opera di Chiharu Shiota.

Abbastanza anonimo il padiglione Italia, mi sono piaciuti Mimmo Paladino e i corpi di Nino Longobardi, un po’ meno gli scheletri che fanno da cornice. Bella la prima sala del padiglione centrale con l’omaggio a Fabio Mauri (morto nel 2009 che oggi vive una significativa notorietà postuma): un muro del pianto fatto di valige ci ricorda anche qui il tema dell’emigrazione, in sottofondo la voce di Pasolini.

Divertenti, nel padiglione francese, gli alberi che si muovono, comodissima la scalinata in gomma piuma per riposare cullati da una musica primordiale. Curiose (per usare un eufemismo) e irriverenti le opere di Sarah Lucas al padiglione inglese. Interessante anche la proposta del Canada che – oltre a un elaborato macchinario ingoia monetine – ha riprodotto un negozio e un robivecchi pieno di barattoli di colore.

Insomma, come al solito da vedere perché la Biennale apre lo sguardo al mondo e ci fa guardare il mondo con lo sguardo altrui. Inoltre vale la pena davvero riflettere sul tema di quest’anno dal momento che viviamo una realtà frantumata e conflittuale: altri futuri del mondo sono necessari.

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