Stari grad from Russia

A Stari Grad Russia batte Italia 1 a 0

Russia batte Italia 1 a 0. Risultato decretato nell’assolata Stari Grad (isola di Hvar) avventurandomi — mentre prendo il sole — in comparazioni antropologiche di quelle spicce e molto empiriche. Fatto sta che stamattina a rompere la dorata tranquillità della piccola (ma strepitosa) baia dove faccio la lucertola al sole, arriva un piccolo esercito di bambini e ragazzi russi. Tra un «karasho», parecchie risate e qualche «da» i nipotini di zio Putin trascorrono un paio d’ore a tuffarsi in mare. Si divertono parecchio (io meno) sotto la supervisione dei più “vecchi” (degli aitanti sedicenni) che non solo impartiscono loro un preciso (per quanto a me insondabile) ordine, ma suggeriscono pure una crescente complessità del tuffo (nella foto in alto).

Stari Grad Hvar

Di adulti, nemmeno l’ombra, se ne stanno a chiacchierare e prendere il sole più in là. Compare solo un tata (e che tata!) quando gli schiamazzi si fanno troppo forti. Ebbene (chi l’avrebbe mai detto?!) tra i bambini nemmeno un ferito. E mentre loro continuano a ridere di gusto e a tuffarsi, entra in scena Marco, italiano, sugli otto anni, munito di mamma al seguito e papà già in acqua che lo aspetta. Questo ragazzino (che già mi fa tenerezza) viene scortato al molo, guarda gli altri e vorrebbe tuffarsi con loro, ma la mamma — nel suo sgargiante costume arancione (che è un tripudio di perline) — glielo sconsiglia: «È meglio se ti cali di qua, come la signora», gli dice indicando la scaletta e l’arzilla ottantenne che sta scendendo in mare. Sicché Marco, dopo aver lanciato uno sguardo pieno di malinconico sconforto alla combriccola russa, prende (goffamente) la via della scaletta e, ciliegina sulla torta, arriva il papà che gli chiede «Hai bisogno di una mano?». Metto a tacere a stento quella parte di me che vorrebbe dirgli che sì, avrebbe proprio bisogno di una gran mano, ma a sbrigarsela da solo, a sbucciarsi un ginocchio o anche a tagliarsi un piede su uno scoglio, pur di imparare l’indispensabile arte dell’autonomia.

La mamma si siede sulla sponda del molo, guarda Marco e poi i russi. Il leader del gruppetto — che si chiama Iosip (e sembra Daniel Craig a 17 anni) — ordina di tuffarsi in mare facendo una giravolta. Lo fanno tutti, in un vociare allegro che ti mette di buon umore. La mamma di Marco invece sospira e ringrazia il cielo che Italia e Russia siano così lontane. Io invece ringrazio la bellezza delle amicizie nate sulle spiagge (e non solo) della mia infanzia, le nostre mamme e l’ostinazione di tante ginocchia provvidenzialmente sbucciate.

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