perseguitati_cristiani

Per gli agnelli sì, per i cristiani no

«Diciamo la verità: a quanti qui in Europa e in Occidente importerà davvero qualcosa dell’ennesima uccisione di cristiani?». Penso a questa domanda che apre un bellissimo editoriale di Ernesto Galli Della Loggia di qualche tempo fa. Mi è tornata alla mente stasera, sul sagrato della Cattedrale di Udine, appena ho visto un piccolo cordone di persone manifestare silenziosamente, all’avvio della Via Crucis. Ognuna con in mano un tablet, mandando all’unisono un video sulla mattanza pasquale degli agnelli. Per carità, liberissimi di farlo, causa nobile. Ma non posso non chiedermi quando vedremo lo stesso impegno per portare l’attenzione su un’altra mattanza. Quella dei cristiani. E non posso non chiedermi se davvero la nostra società abbia rimescolato così irrimediabilmente l’ordine delle sue priorità da non capire che quel gesto era del tutto fuori luogo e inopportuno lì, in quel momento. All’indomani dell’ennesimo massacro in cui sono stati uccisi 147 ragazzi perché cristiani.

Papa Francesco in questo Venerdì Santo ha parlato «dei nostri fratelli perseguitati, decapitati e crocifissi per la loro fede», tutto «sotto i nostri occhi o spesso con il nostro silenzio». Un silenzio ed un immobilismo che sono inquietanti perché equivalgono alla rinuncia di gran parte di ciò che siamo. O meglio, che – ormai – siamo stati.

«A questo punto - scrive Galli Della Loggia -, immagino, essi [i cristiani perseguitati] hanno solo capito la verità che per loro conta: e cioè di avere ben poche speranze se sperano in un aiuto che venga da qui. Dei cristiani e della loro religione all’Europa attuale importa sempre di meno. Si può essere certi che ogni intervento a loro favore sarebbe subito giudicato inammissibile, indebitamente discriminatorio, colpevolmente lesivo di qualche diritto all’eguaglianza di tutti rispetto a tutto. E sia. Ma Dio non voglia che questo non sia che un inizio: l’inizio di qualcosa di cui proprio in questi giorni non mancano i segni premonitori. In un’Europa pervasa dalla secolarizzazione, in un’Europa le cui fonti spirituali si vanno rapidamente inaridendo per il disprezzo dovunque decretato a ogni umanesimo, non può che stabilirsi un rapporto fatalmente necessario, infatti, tra l’indifferenza verso il Cristianesimo e l’antisemitismo. È la medesima indifferenza per ciò che non può essere espresso dai numeri, per ciò che viene dalla profondità dei tempi e dei cuori e che si agita nel buio delle anime: osando guardare in alto, più in alto di dove arriva lo sguardo umano».

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